Articolo di Chiara Zuffrano Insegnante Certificata. Riproduzione vietata.
Bisognerebbe… bisognerebbe niente. Bisogna il presente!
È novembre, mentre fuori piove un gruppo di maestri di educazione in natura sta facendo un corso di Metodo Caviardage®, sperimentando la tecnica base. Sul tavolo, insieme al materiale necessario, accendiamo piccole candele. Si respira profumo di foglie bagnate, silenzio e intimità.
Nel momento della condivisione, una maestra, con gioia improvvisa, desidera coinvolgere il gruppo nel suo stupore: la pagina aveva illuminato il suo sentire più profondo, nel qui ed ora, e lei finalmente si era sentita “vera e abbastanza”.
“Io mamma
Nella conca della mano
Fili di aquiloni”.
La pagina aveva accolto il suo sguardo poetico su di sé e sulle proprie parole e le aveva restituito, intera e lucente, quella particolare sensibilità che anima i professionisti del lavoro di cura, in una forma nuova e bellissima.
Come quella volta, durante il primo lockdown, in cui mi ero trovata online con un gruppo di educatori a condividere le fatiche del momento, a cui abbiamo dato voce attraverso la parola poetica: c’era chi nei testi trovava solo metafore di naufragi e tempeste, chi bestie feroci, chi funamboli in bilico sul vuoto. Il solo nominare il proprio stato emotivo, attraverso le immagini poetiche che ognuno componeva, e poterlo condividere come un dono con gli altri, in ascolto attento e non giudicante, perché tutti parte del medesimo processo di emersione, faceva bene al cuore. In quel tempo sospeso, la parola poetica condivisa era diventata un gesto di cura, un sollievo.
Questa nuova visione delle cose quotidiane, questo sguardo poetico su di sé, senza giudizio dall’alto o dell’altro, credo permetta di rimettersi al mondo, di pensarsi al presente, di prendersi cura di sé, e per chi si occupa di relazioni di cura è un momento necessario e fondamentale.
Prendersi cura di chi cura
Per le Scienze Umane, la professionalità nelle relazioni d’aiuto si caratterizza per un insieme di saperi e competenze tecniche e pratiche, legati tra loro e messi in azione da un sentire particolare, una particolare sensibilità.
Questo vale anche per l’insegnamento, che innegabilmente è cura: da insegnanti e da educatori sappiamo progettare le nostre attività con competenza, ma soprattutto siamo chiamati a esaudire un desiderio d’incontro con l’altro, perché lo abbiamo in mente, ce lo immaginiamo per com’è e per come sarà.
Questo altro che ci chiama a stare in relazione, e che dunque non muove solo il nostro pensiero, ma anche le nostre emozioni, le nostre motivazioni, i nostri corpi, le nostre istanze profonde, così profonde da essere spesso invisibili persino a noi stessi.
Danilo Dolci l’aveva capito molto bene, suggerendo infatti nel suo Poema umano che “ciascuno cresce solo se sognato”. I professionisti della cura, nell’incontro con l’altro, rinnovano ogni giorno, volenti o nolenti, una dimensione onirica profonda e un’energia creativa, trasformativa e vitale, con buona pace della burocrazia.
Per la mia esperienza, quando un educatore o un insegnante sono affaticati dal proprio lavoro, tanto meraviglioso quanto complesso, e viene loro proposto un momento di supervisione, non hanno quasi mai bisogno di consigli sul da farsi, perché lo sanno già perfettamente.
Più spesso è la cura di sé, della propria energia vitale e delle istanze profonde implicate, che manca o si è spenta e che necessita di uno spazio e di un tempo sospesi dall’operatività, dedicati all’ascolto di sé e delle proprie parti invisibili e costitutive.
È appunto il momento della sosta per rimettersi al mondo, un processo ciclico e mai finito, che richiede di accorgersi e prendere sul serio la propria necessità.
Per rimettersi al mondo serve uno spazio in cui fare emergere la propria voce senza sentirsi in difetto, o giudicati dall’alto e dall’altro.
Non serve una super-visione, ma una nuova visione di sé. A questa necessità credo che risponda in modo sorprendente il Metodo Caviardage®, come pratica poetica di cura di sé.
La parola poetica, il silenzio e l’ascolto, lo sguardo nuovo
Ho potuto sperimentare il Metodo Caviardage® in diversi gruppi di educatori e insegnanti, unendo le proposte laboratoriali del Metodo alle competenze pedagogiche in Clinica della Formazione, e fra le cose meravigliose che ho osservato, posso nominare queste:
Il Caviardage® è uno strumento di cura autentica
Chi lo pratica sperimenta, specchiandosi nella pagina, l’incontro con la propria interiorità e impara a prendersene cura.
Nessuno si sostituisce: il formatore facilita un processo personale, in cui ciascuno diventa capace di prendersi cura di sé.
Il formatore, come insegna Socrate con la sua arte maieutica, “è colui che ha cura della cura che il soggetto ha di se stesso”.
“Scelse di dare pace. Respirava.
Era diventata aperta
a contemplare
la notte”.
La parola poetica
Il Metodo Caviardage® propone di utilizzare un linguaggio che permette di abitare la sensibilità, esserne consapevoli e prendersene cura, un linguaggio dove “l’identità sensibile è compresa e accolta, si scopre, viene alla luce.”
Come scrive Luce Irigaray, filosofa contemporanea, nel suo bellissimo testo La via dell’amore, la cura si fa attraverso il linguaggio sensibile, per andare incontro all’altro senza invaderlo. È così che i professionisti dei lavori di cura sperimentano la possibilità di nominare il quotidiano con parole nuove, che raccolgono il sentire.
“Hai superato ostacoli
a perdifiato
Non fermarti
Sii la possibilità di cambiare
Sedersi insieme
nel mondo
ne è valsa la pena”.
Le metafore vive, parole come oceani
Le metafore aprono e creano nuovi mondi di significati possibili, portano al cospetto di un sentimento, un’emozione, un ricordo o un desiderio, senza passare dall’attivazione cognitiva e senza dover per forza spiegare.
Ognuno già sente, dunque già sa. Deve solo riguardarsi.
La funzione delle metafore è quella di comunicare un sentire, in un modo che può essere sentito e compreso anche da chi ascolta, attraverso l’accostamento di immagini.
Come ci insegna Ungaretti, la parola poetica è profonda e dunque più capiente, pur non spiegando niente:
“Sono un poeta
un grido unanime
Sono un grumo
di sogni”.
Il tempo e lo spazio per fermarsi
ci si affida alla scrittura per darsi spazio e tregua, fare un punto, ricordare, nel suo significato originario di riportare al cuore, lasciare andare.
Per i professionisti delle relazioni di cura, la scrittura è un ottimo modo per prendersi cura di sé, fermarsi in silenzio e depositare sulla carta quell’eccedenza di pensieri ed emozioni che vengono sollecitati nelle relazioni educative, si accumulano giorno dopo giorno e a volte rimangono incastrati in qualche anfratto dell’anima.
La scrittura poetica con il Metodo Caviardage® potrebbe accompagnare il lavoro educativo con continuità, prevenire le crisi, rendere inutili le supervisioni perché la visione non sarebbe esterna, occasionale, dall’alto in basso, un intervento d’urgenza su una criticità, ma sarebbe una visione interna, personale e intima, poetica, sul fare quotidiano, sulle relazioni educative e sulle emozioni dense di cui sono fatte.
Si tratta di prendersi tempo e spazio per praticare la visione del cuore, quella che ci suggerisce Maria Zambrano, rivolta alle cose profonde, che ci riguardano da vicino.
Il Metodo Caviardage® per la cura di chi cura offre un metodo chiaro, deontologicamente fondato, e un processo ben strutturato
Il Metodo Caviardage® segue una progettazione precisa e professionale, che prevede un tempo e uno spazio dedicati, del materiale adatto, una guida formata che sia facilitatrice delle pratiche e si muova in una cornice teorica e deontologica di riferimento, un gruppo accogliente per condividere, un insieme di pratiche chiare e precise.
l quattro pilastri del Metodo, che sono conoscere, amare, rispettare e proteggere, rappresentano il codice deontologico dell’insegnante certificato ma anche uno stile di vita, in cui ritroviamo la sostanza originaria filosofica della cura: un certo tipo di atteggiamento di bene verso di sé, gli altri, il mondo, un certo tipo di sguardo, il dedicarsi a pratiche concrete per la fioritura dell’anima.
Un insegnante di Metodo Caviardage® è chiamato a conoscere, saper fare, saper essere e saper far fare, dentro a questa cornice di riferimento.
Laboratorio esperienziale condotto da Tina Festa a Matera, XIV Corso di certificazione e formazione professionale in Metodo Caviardage®, luglio 2023
La cura delle latenze pedagogiche
il Metodo Caviardage® permette di avvicinarsi con delicatezza alle parti invisibili ma costitutive di sé. Come suggerisce l’approccio pedagogico della Clinica della Formazione, ogni professionista delle relazioni di cura è continuamente sollecitato su diversi aspetti della propria storia personale: chi sono stati i miei maestri? Come ho imparato? Chi si è preso cura di me? E come? Il Metodo Caviardage® può accompagnare a riconoscere, sulla pagina, gli aspetti invisibili che animano l’esperienza educativa di ciascuno, senza giudizio e con il supporto del formatore e del gruppo.
La potenza del processo del Metodo
È sorprendente come ogni volta la pagina parli di noi e dica la verità, dopo che, avendo attivato le nostre emozioni, ci siamo raccolti nel silenzio della contemplazione delle parole e del gesto creativo necessario per illuminarle.
L’immagine che si crea sulla pagina corrisponde e dà forma alle nostre immagini interne, aggirando il pensiero razionale. La parola poetica è un detonatore psichico, attiva il nostro mondo interiore.
Per chi si trova in un momento d’impasse nel suo lavoro quotidiano nelle relazioni di cura, la pratica poetica può essere più efficace di qualsiasi discorso, perché aiuta i singoli o le équipes di lavoro ad arrivare al cuore del problema, superando le resistenze.
Il desiderio di assecondare il flusso creativo perché alimentato dal processo di cura di sé
Quasi tutte le persone professioniste nelle relazioni di cura che ho incontrato erano partite dicendo “Io non sono capace di scrivere poesie”, “Io non sono creativo, non ho doti artistiche” e poi non si sarebbero mai fermate. Hanno creato il loro componimento, hanno desiderato dargli una forma bella, che accogliesse le loro parole e le loro emozioni, utilizzando colori e immagini in modo spontaneo e libero. Il momento di cura di chi cura attraverso il Caviardage® è dunque non solo desiderato, ma anche vissuto con piacere e pienamente, perché chi lo pratica si accorge, facendo, di quanto possa essere una risorsa per la cura di sé, e quindi anche e di conseguenza del proprio ruolo professionale.
“Il suo arrivo sarebbe stato il benvenuto
Era così semplice, si illuminò.
Riconoscevano il suo nome”
La condivisione delle parole poetiche allena alla condivisione di un progetto comune.
Alcune attivazioni pensate per una manutenzione dell’équipe o per la cura e il benessere di un gruppo prevedono la creazione di un testo poetico condiviso, o collettivo.
Queste attivazioni sono solitamente valutate da chi partecipa come gesti potenti e liberatori, per la possibilità di non sentirsi soli ma di collaborare poeticamente, condividendo le parole per esprimere emozioni e pensieri.
Il processo di condivisione delle parole porta a riflettere su che cosa significhi condividere qualcosa di sé con il gruppo e allena a sperimentare in modo creativo la costruzione di un progetto comune.
La filosofia del Metodo Caviardage®
Dopo la condivisione delle poesie, è possibile chiudere il percorso con le carte della filosofia del Metodo Caviardage®.
Questa attività è utile per contenere la portata delle emozioni emerse con le poesie di ciascuno in una cornice comune di senso. Il Metodo infatti si basa su una filosofia della cura molto precisa, che è bello scoprire e condividere.
Il processo porta a creare vicinanza emotiva e desiderio di stare in gruppo
Il Metodo Caviardage® propone una visione nuova non solo di sé, ma anche degli altri.
Il gruppo di lavoro diventa un gruppo di pratica poetica, e dunque crea, ascolta e accoglie, senza giudizio, perché ciascuno vive alla pari la stessa esperienza di ricerca delle parole e emersione del sentire.
Ognuno condivide liberamente quello che desidera, senza forzature.
Condividere i pensieri e le parole emerse non viene percepito come un obbligo, ma come un dono, come la possibilità di comunicare agli altri il proprio sentire, tradotto e trasfigurato in una forma narrativa nuova, bella e, appunto, poetica.
Il filo d’Arianna
Il processo del Metodo Caviardage®, come cura di chi cura, è una pratica di cura di sé, un filo d’Arianna per riemergere dal labirinto del lavoro educativo.
Ognuno trova il suo filo, che è la parola poetica. È questo lo strumento di emersione: la parola, illuminata dallo sguardo di chi vi si dedica, lo sceglie, in una corrispondenza sorprendente tra l’immagine poetica che si crea sulla pagina e l’immagine interna che ciascuno ha, nel qui ed ora di quel momento preciso.
Per questo e per molto altro, il Metodo Caviardage® può essere una pratica poetica per la cura di chi cura: attraverso la parola poetica, il silenzio e l’ascolto, lo sguardo nuovo su di sé, i professionisti dei lavori di cura possono prendersi cura di sé e rimettersi al mondo, con la condivisione, facilitata da un formatore, di metafore vive e lucenti, a cui affidare la propria sensibilità.
Articolo di Chiara Zuffrano Insegnante Certificata. Riproduzione vietata.
Bibliografia
- Tina Festa, Trovare la poesia nascosta, Educare alla bellezza con il Metodo Caviardage® La Meridiana, 2019.
- Roland Barthes, La camera chiara. Note sulla fotografia, Einaudi, Torino, 1980.
- Roberta De Monticelli, L’ordine del cuore. Etica e teoria del sentire, Garzanti Libri, Milano, 2008.
- Luce Irigaray, La via dell’amore, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
- Luigina Mortari, Conoscere se stessi per avere cura di sé, 2009.
https://www.researchgate.net/publication/277233276_Conoscere_se_stessi_per_avere_cura_di_se - Giuseppe Ungaretti, Italia, in Porto Sepolto, Marsilio Editore, Venezia, 2001.
- Maria Zambrano, Verso un sapere dell’anima, Cortina Editore, Milano, 1996.
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